I racconti del caseificio: il patriarca

Erano altri tempi. Mia nonna raccontava che “il tale”, alto, grosso, un vero marcantonio, era nato settimino. C’era la guerra in casa, quindi niente ospedali e incubatrici, lo avevano collocato in una scatola da scarpe, che, raccontava, gli bastava: era così piccolo!

Il bimbo era molto vitale e non aveva preso infezioni, né medicine particolari, non era stato intubato, era stato cresciuto con il latte materno, come gli altri ragazzi di paese. Anzi, era diventato il beniamino di tutto il paese, che da quella scatola lo aveva visto uscire, e poi crescere, andare a scuola, al lavoro, sovrastare la sua mamma e fare altri figli.

“Dovresti vedere come era, non finiva più di crescere!”

E la mia nonna si perdeva nel raccontare cosa ne diceva la Tilde, e la Ines, e la Gilda, perché pare fosse anche un bel ragazzo, e le donne lo rubavano con gli occhi, civettavano diceva la mia nonna Irma con disapprovazione. Ma poi faceva un sorriso indulgente e  un po’ complice, tirava fuori quell’anima birichina che la guerra e la malattia le avevano fatto rintuzzare dentro dentro, e, con mia sommo dispiacere, perché ero piccola, e davvero non apprezzavo, ricominciava una lunga tiritera su tutti gli amori del marcantonio, che, diceva compiaciuta, l’aveva corsa la cavallina…

Io quel settimino non l’ho mai conosciuto, anche se mi sembra sia tra i miei parenti, tanto ne ho sentito parlare. Da piccolo che era è cresciuto, si è fatto una famiglia, è diventato “Un Patriarca”.

Il nostro Patriarca sarà più abile del marcantonio che raccontava la mia nonna, potrà incantare sia donne che uomini e bambini, già a sette mesi!

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